Ve lo dico subito, questo numero inizia con Giovanni Muciaccia.
⏳ Rinfresco la memoria ai più anziani e faccio un po’ di proselitismo ai giovani: Muciaccia è stato il presentatore di Art Attack, programma pomeridiano in onda su Rai2 una ventina d’anni fa, con la missione di insegnare l’arte ai più piccoli.
Ovviamente non ha funzionato e ci ha trasformatə tuttə in piccolə vandalə.
🤓 Muciaccia, con i suoi occhiali da secchione e il taglio di capelli da catechista, ha avviato un’intera generazione alla sacra arte della devastazione casalinga a colpi di colla vinilica e carta igienica: ognuno di noi ha, nascosto da qualche parte in cameretta, un porta penne ricavato da una bottiglia di shampoo o un dipinto realizzato solo con puntini colorati che fa venire il mal di mare solo a guardarlo. Ecco tutta colpa sua.
“Questo è Art Attack, qui scoprirete che non bisogna essere dei grandi artisti per fare dell'arte, e allora subito all'attacco!”
Hei, Muciaccia aveva anche previsto gli NFT!
Oggi il buon Giovanni sta vivendo una nuova ondata di notorietà.
Sbarcato su Instagram un paio di anni fa il maestro di attacchi d’arte ha subito triggherato la nostalgia facile di noi millenials che lo abbiamo accolto come un vecchio amico d’infanzia.
Come nel migliore dei butterfly effect che solo internet sa regalare, dopo lo sbarco sui social Muciaccia ha scritto un libro sull’arte contemporanea ed è stato sequestrato da un’azienda per fare dei video sulle cryptovalute in un distopico studio verde.
✂️ In suo onore quindi oggi parliamo di arte.
Avete preso le forbici dalla punta arrotondata? Bene, non vi serviranno. Partiamo.
E tuttavia, quando scopriamo che un jpeg o una gif sono stati venduti per migliaia di dollari il primo pensiero è: “Assurdo pagare così tanto per una cosa digitale”. Il retropensiero è qualcosa che potremmo chiamare sciovinismo materiale, cioè l’idea, radicata in tutti noi, che ciò che è reale è materiale e, quindi, che ciò che è tangibile abbia maggior valore dell’intangibile, del digitale
*Donna che alza gli occhi al cielo*
Se parliamo d’arte nel 2022 l’elefante nella stanza è uno solo: gli NFT
Se non siete sul pezzo questo articolo di Art Tribune è un buon punto di partenza.
Al momento il dibattito è, guarda un po’, polarizzato.
🐵🦁👨🎤 Chi ci si è buttato anima e corpo urla al miracolo. Chi non ha capito di cosa si tratta pensa sia una bolla. In mezzo ci sono migliaia di “artisti” che stanno guadagnando cifre assurde vendendo punk composti da pixel, leoni pigri e scimmie annoiate.
La parola artisti è volutamente tra virgolette, perché quando parliamo di questo tipo di NFT non parliamo di arte, ma al massimo di badge di appartenenza ad una élite (fatta soprattutto da maschi bianchi e benestanti, ma ci arriviamo dopo). Se li acquisti fai parte di un club, del gruppo di quelli che la sanno lunga e intasi il tuo account Twitter di termini criptici (capita?) per chiunque non sia nel giro come te.
Tutto questo vi ricorda vagamente una setta?
Qui l’arte centra ben poco, tanto che le immagini di cui sopra sono tutte diverse perché generate casualmente, combinando elementi random che le rendono più o meno rare e di conseguenza più o meno costose. Ecco spiegata anche la loro staticità e bruttezza intrinseca: non sono fatte per essere esteticamente accattivanti, né per comunicare un messaggio, o tanto meno per piacere a chi le acquista.
Non sorprende che a comprare questi NFT, ma soprattuto a gasarsi e parlarne fino allo sfinimento, siano soprattutto loro: 30enni, maschi, bianchi, ceo e founder di qualcosa e che nella foto profilo di LinkedIn hanno una camicia bianca ma senza cravatta perchè, ehi, sono ancora giovane vero? VERO??
Ora io lo so che vi aspettate un’analisi socio-culturale sul perché proprio questo target demografico sia stato risucchiato nel tunnel degli NFT, snaturandone il senso e le potenzialità, trasformandola nell’ennesima opportunità di business o usandola come foglia di fico per nascondere le proprio insicurezze piuttosto che andare in terapia.
A me pare che questo sia quello che fa l’uomo bianco da sempre. Ma non sono un’antropologa (anzi sì, però vabbè fa niente) e non voglio rubare il mestiere a nessun*. 🙂✌️
Per cui ora vi lascio un po’ di bellezza random con la quale potete riequilibrare quanto vedete ogni giorno sui vostri feed e magari rendervi conto che non è bello ciò che piace ma ciò che il mercato vuole vendervi.
I simpatici link
Per la rubrica “Ce lo dicono i giovani” sappiate che fare foto belle per Instagram non va più di moda. Diamo il benvenuto all’ultima frontiera del social network delle influenzer selvagge: l’era della bruttezza 💩
I prodotti Apple non ha sempre avuto un look minimale e freddo. Negli anni 80 in modo particolare dalle menti di Cupertino sono usciti prototipi degni del peggior sogno in acido di Roger Rabbit. Questo thread di Twitter che ce ne mostra alcuni è oro 💾
Da poco mi hanno regalato una macchina fotografica Polaroid. Come mio solito arrivo in ritardo sui trend (penso gli hipster abbiano smesso di usarla nel 2014) ma è stato uno dei regali migliori di sempre perchè mi ha messo di fronte ai limiti creativi di quella dannata fotocamera che fa anche le telefonate che abbiamo in tasca. Qui qualcuno lo ha spiegato meglio 📸
Ci sono cose che nessuno vuole vedere pt.1 tipo i corpi nudi di donne anziane. In un atto di resistenza estetica e dolcezza assoluta la fotografa Clelia Odette ne ha ritratte a decine 👵
Ci sono cose che nessuno vuole vedere pt2 tipo i serpenti. Ma questi sono bellissimi 🐍
E infine fate un regalo ai vostri pargoli. Di questi tempi un po’ di storie sovietiche per bambini potrebbero tornare utili 😬
E anche sta volta è tutto gente.
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Stay safe!